giovedì 6 marzo 2014

Gregorio Corigliano: i diari di mio padre.

La Commissione cultura del Comune di Cosenza, presieduta da Claudio Nigro ha assegnato, nel corso di un incontro tenutosi a Palazzo dei Bruzi, un riconoscimento al giornalista Gregorio Corigliano per la sua attività, ma anche per l’ultima sua fatica letteraria, il libro “I diari di mio padre – 1938-1946”, edito da Pellegrini, in cui racconta gli anni della prigionia del padre, Antonino Corigliano, partito per il servizio militare a Cesena, in Emilia Romagna, e ritrovatosi, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, mentre era sottufficiale in Libia, in India, dove rimase per cinque lunghi anni.

Ad introdurre l’incontro con il giornalista Gregorio Corigliano, nativo di San Ferdinando, già caporedattore della sede regionale Rai per la Calabria e per lunghi anni inviato, è stato il Presidente dell’organismo consiliare Claudio Nigro.
Il compito del relatore è toccato, invece, al consigliere Mimmo Frammartino che ha ricordato l’impegno di Corigliano nella Rai all’interno della quale si è occupato per molti anni di cronaca, ma anche di politica.
“Pur sapendo che non sei cosentino di origine – ha detto Frammartino - sappi che Cosenza ha il piacere di riconoscerti come suo figlio, per aver scelto di lavorare e vivere nella nostra città e per averla seguita con passione e dedizione”.
Frammartino si è detto molto colpito dalla prefazione al libro di Corigliano, firmata dal giornalista ed editorialista di “Repubblica” Vittorio Zucconi che nei diari raccontati da Gregorio ha trovato più di un punto di contatto e dei significativi parallelismi con le vicende che, durante la guerra, hanno riguardato il padre Guglielmo Zucconi e il suocero Augusto Tibaldi.

Il libro ha accumulato già tantissime recensioni, alcune delle quali molto autorevoli, come quella di Carlo Baroni sul “Corriere della Sera” e vanta già 50 presentazioni in tutta la Calabria e tra qualche giorno continuerà questo tour appassionante anche a Vibo, Mammola e Soveria Mannelli.
Quando prende la parola, Gregorio Corigliano dedica subito e senza esitazioni, questo suo nuovo riconoscimento, attribuitogli dalla Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, al Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” di cui è Presidente, rappresentato in sala, tra gli altri, dai Vice Presidenti Rosellina Arturi e Franco Rosito. Poi ammette di sentirsi cosentino da 32 anni, quelli trascorsi da quando, nel 1982, venne assunto nella redazione della Rai regionale, a quei tempi ancora in via Montesanto, tant’è che la prima casa cosentina di Gregorio fu l’Hotel Imperiale di viale Trieste, a pochi metri dalla sede Rai.
“E’ il primo e unico riconoscimento pubblico che mi viene dalla città di Cosenza – ha proseguito il giornalista. Ecco perché mi riempie d’orgoglio sentirmi rivolgere apprezzamenti che non credo di meritare fino in fondo, in quanto non ho fatto altro che fare il mio dovere, quello di giornalista abituato a non guardare mai l’orologio”.
E ricorda le notti trascorse sull’Aspromonte, ai tempi dei sequestri di persona di Cesare Casella e di Carlo Celadon, quando spesso dormiva in macchina, insieme agli specializzati di ripresa, ad attendere le notizie sul campo, stando sempre sul pezzo e pronto a prendersi la linea dal telegiornale della RAI ogni volta che c’era una novità da comunicare. Altri tempi, quando non c’erano ancora i cellulari e soprattutto quando non c’era ancora Internet e se il caporedattore di allora, Gegè Greco, doveva comunicare qualcosa di urgente ai suoi inviati, lo faceva attraverso la locale caserma dei Carabinieri chiedendo se avessero intravisto un auto della RAI e di dire al giornalista di mettersi in contatto con la redazione centrale.
Poi spiega com’è nata l’idea di pubblicare i diari del padre, Antonino Corigliano da San Ferdinando che, quasi senza accorgersene, si ritrovò sottufficiale in Libia a Bengasi, a 24 anni, dopo esser partito per il servizio militare a Cesena. Una notizia che gettò nello sconforto più totale la madre, che era di Stromboli (la nonna , in altri termini, di Gregorio Corigliano). La partenza per la Libia fu straziante, ma l’odissea di Antonino, classe di ferro 1916, ultimo di dieci figli, 7 dei quali emigrati in America a Brooklyn, era appena agli inizi. Perché, con lo scoppio della seconda guerra mondiale si ritrovò prigioniero in India , a Yol, ai piedi dell’Himalaya. 5 lunghi anni in un reticolato e per compagnia un pennino con cui vergare le sue memorie e i suoi ricordi tristi, ma pieni di forza. Poi, al ritorno a casa, quelle pagine furono consegnate a Gregorio, uno dei suoi tre figli, appena quindicenne, che ha impiegato molto tempo prima di tirarli fuori da quel comodino nel quale li aveva gelosamente custoditi e dal quale li aveva troppe volte presi, letti, riletti e riposti, prima di prendere la giusta decisione di pubblicare quella cronaca di storia vissuta.
L’obiettivo? Far capire cosa era stata per Antonino Corigliano la seconda guerra mondiale e quali e quante sofferenze gli aveva procurato l’essere lontano da casa, da quel paese che, come dice Cesare Pavese ne “La luna e i falò”, “resta ad aspettarti, anche quando non ci sei”.
Nel corso dell’incontro in Commissione cultura, apprezzamento nei confronti del giornalista Gregorio Corigliano, attualmente editorialista del “Corriere della Calabria” e commissario del Corecom (il Comitato regionale per le comunicazioni) è stato espresso dal Vicepresidente Maria Lucente che ha sottolineato come nel libro “I diari di mio padre” “viene riaggomitolata e ricompattata la matassa di una vita”.
Parole di apprezzamento sono venute, inoltre, dai consiglieri Massimo Bozzo, Francesco Caruso e Francesco Perri.

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